Il peperone di Carmagnola è il prodotto principe della città grazie al grande lavoro di coltivazione e promozione messo in atto dalla città e dal presidio Slow Food, che insieme a Città Metropolitana, Regione e altre istituzioni lo tutelano sempre più. Protagonista con o senza bagna caoda, non tutti sanno che è un ortaggio di origine americana.
La storia del peperone di Carmagnola:
La storia del peperone di Carmagnola comincia recentemente, a inizio Novecento. Fu portata dal Perù a Carmagnola dall’orticoltore Domenico Ferrero di Salsasio che, con lungimiranza, sviluppato la sua coltivazione in città organizzando gli orticoltori per la vendita congiunta al grande mercato di Porta Palazzo a Torino. La sua produzione resistette anche durante le due guerre ed è negli anni Quaranta che venne istituita l’omonima fiera.
Pur arrivando dalle Americhe, come altri ortaggi anche il peperone aveva subito trovato un ambiente favorevole e l’apprezzamento dei contadini piemontesi, che tramandarono di padre in figlio le varietà selezionate secondo livelli di eccellenza sempre crescenti, tanto da portare al riconoscimento Igp e ad una produzione allargata per il mondo industriale.
E pensare che ai tempi delle prime importazioni dalle Americhe, alla fine del 1400, il peperone dolce fu poco apprezzato in Europa, a differenza del più fortunato e piccante habanero, subito adottato alla corte di Spagna.
La produzione dei peperoni di Carmagnola:
La produzione del peperone di Carmagnola si differenzia in quattro categorie storiche e una ultima arrivata: il peperone quadrato di Carmagnola, la trottola, il tomaticot e il corno di bue sono i più antichi, dal nome evocativo circa la forma che può assumere questa varietà.
Recentemente si è aggiunta invece la categoria del peperone quadrato allungato, una variante sempre più diffusa perché sposa le richieste del mercato, di disporre di pezzi più piccoli e quindi a prezzo singolo più contenuto.
Il corno di bue invece, rosso o giallo, è un vero e proprio presidio Slow Food, perché sebbene non in estinzione veniva spesso confuso con altri peperoni allungati italiani di ben diversa qualità. Un altro fattore che ha messo in crisi negli ultimi anni il peperone di Carmagnola è la concorrenza con i prodotti esteri, soprattutto olandesi e spagnoli.
Nel 1998, con la nascita del consorzio ad hoc, è iniziato il percorso di tutela di tutti gli ecotipi, inseriti a pieno titolo dal 2000 tra i prodotti tipici del Piemonte.
Territorio:
Peperone di Carmagnola è in realtà prodotto anche nei 26 Comuni della Provincia di Torino e Cuneo che hanno aderito all’apposito consorzio. La coltivazione è accurata e protetta con metodi naturali, e sempre più seguendo l’onda della coltura biologica: per evitare l’insorgere dei parassiti sono inseriti nelle coltivazioni i giusti insetti predatori. I tempi di raccolta sono abbastanza lunghi: da fine giugno si arriva talvolta fino a novembre.
Sul territorio è talmente celebre da essere protagonista dell’omonima sagra che dura dieci giorni e che nell’edizione numero 61, quella del 2010, è entrata nel Guinness dei Primati grazie alla peperonata più grande del mondo, da 1190 chili.
Ma i peperoni a Carmagnola sono ovunque: nell’arte e nell’artigianato, nella vita quotidiana e in festa. Basti pensare alle maschere tipiche della città, che sono proprio il re Povron e la bela Povronera. Un rosso omaggio che il Comune ha voluto fare al suo prodotto ormai più famoso.
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